HELLDORADO
Inviato: 31/10/2008, 15:00
Sicuramente il migliore album dei Negrita...e certamente uno dei migliori albumdi musica Italiana degli ultimi anni;
Ho preso in prestito una recensione presa sul web...la condivido pienamente:
Radio Conga: Africa e chitarra flamenco; Apre con le percussioni ed esplode con un ritornello che si apre al mondo, come la nascita di una nuova radio che diffonde messaggi di solidarietà e di azione sociale.
Il libro in una mano, la bomba nell'altra: un basso incisivo fin dall'incipit del pezzo. E' il suono di una martellante critica nella prima strofa ad un sistema economico che conduce la gente a farsi del male. Nella seconda strofa all'istituzione Chiesa e alla sua opulenza, posta in cruda contrapposizione con il messaggio del Cristo. Il libro rappresenta prima la cultura e poi il Testo Sacro; queste dovrebbero essere le vere armi di integrazione invece sono troppo spesso quelle in ferro e piombo a parlare.
Malavida en Bs. As.: musica da Giostra e poi.. batteria! Un riff di chitarra secco, tagliente e siamo catapultati nella notte caliente di Buenos Aires. La chitarra ritmica di Cesare è incalzante, gli interventi di Drigo a plettrata aperta danno respiro e definiscono le immagini di Pau, colorando il suo spagnolo. E' la canzone d'amore che un vagabondo argentino scrive per la sua cherie, un tango rock da ballare con lei.
Soy taranta: Drigo in un riff western ci abitua ad una ritmica rotonda. Sono poi chitarre in levare a dare il ritmo a Pau. Salento e deserto d'Africa, West e Messico, infine la tromba di Roy Paci. Tutte immagini di terre che bruciano di sole, in un pezzo che parla di magia e che è nato mentre i Negrita erano seduti al tavolo di una masseria di Lecce.
Gioia infinita: intro languido e di nuovo i fiati, meno incisivi di prima, però: qui cullano. In generale è la morbidezza la sensazione che permea il pezzo, come una mano che accarezza l'acqua di un fiume. E' gioia infinita quella dei Negrita: alla base della loro amicizia c'è come un fuoco sacro che li unisce.
Il ballo decadente: fischietti! L'animo guascone di un paese che ritrova orgoglio e identità solo in una partita di pallone? Contraddizioni, incredibilia, miracoli di un'Italia in cui o la gente non si rende conto di ciò che succede o oramai è così assuefatta che le cose gli scivolano addosso. Lo spirito del pezzo è un po' Rino Gaetano e un po' il witz alla base delle satire latine di Giovenale e Persio. Sono le percussioni primitive di Itaiata a stimolare ad una necessità di risveglio e di consapevolezza.
Muoviti!: questo pezzo riprende il reggae roots e lo ska, è un invito alla danza, al movimento del corpo e, come tipico del genere musicale, delle coscienze in un riscatto sociale. Suggestivo il freestyle nel finale di Chico, MC degli Aretuska.
Che rumore fa la felicità: primo singolo dell'album e unico pezzo interamente in italiano. Insieme a Gioia infinita contribuisce a creare quell'ottimismo e quella sensazione di possibilità su cui vuole poggiare il messaggio dei Negrita.
Salvation: pezzo che introduce un finale di disco assolutamente esplosivo. Le ritmiche si fanno serratissime così come la critica ad un sistema che luccica fuori ma è vuoto dentro. Il messaggio di rivoluzione è sia in lingua inglese che in dialetto napoletano.
Ululallaluna: il ritratto di un personaggio da sobborgo sudamericano in uno scenario tra alcol e prostituzione. Il tutto in salsa rock impreziosita dai cori cantati a pieni polmoni da tutti i Negrita.
Notte mediterranea: la festa, la latinità, tutto il calore e la vorticosità rock'n'roll di una torbida notte mediterranea. Il vortice è sottolineato dalle sonorità un po' pulp e rappresenta in generale la vita che passa e va, mentre troppo spesso non ce ne si accorge. Il finale del pezzo è una vera perla in fatto di intensità.
Brother Joe: questo solare e ritmatissimo pezzo è omaggio e dichiarazione d'amore a Joe Strummer e alla sua musica. Di base è un rythm'n'blues; verso il finale un inserto rimanda più apertamente ai Clash. E, adeguato al contesto dello scenario musicale italiano, proprio al masterpiece del rock contaminato, Sandinista dei Clash, questo disco può far pensare. Joe Strummer disse: “Il futuro non è scritto”. Certo è vero per i Negrita, così bravi a districarsi tra mille influenze.
Ho preso in prestito una recensione presa sul web...la condivido pienamente:
Radio Conga: Africa e chitarra flamenco; Apre con le percussioni ed esplode con un ritornello che si apre al mondo, come la nascita di una nuova radio che diffonde messaggi di solidarietà e di azione sociale.
Il libro in una mano, la bomba nell'altra: un basso incisivo fin dall'incipit del pezzo. E' il suono di una martellante critica nella prima strofa ad un sistema economico che conduce la gente a farsi del male. Nella seconda strofa all'istituzione Chiesa e alla sua opulenza, posta in cruda contrapposizione con il messaggio del Cristo. Il libro rappresenta prima la cultura e poi il Testo Sacro; queste dovrebbero essere le vere armi di integrazione invece sono troppo spesso quelle in ferro e piombo a parlare.
Malavida en Bs. As.: musica da Giostra e poi.. batteria! Un riff di chitarra secco, tagliente e siamo catapultati nella notte caliente di Buenos Aires. La chitarra ritmica di Cesare è incalzante, gli interventi di Drigo a plettrata aperta danno respiro e definiscono le immagini di Pau, colorando il suo spagnolo. E' la canzone d'amore che un vagabondo argentino scrive per la sua cherie, un tango rock da ballare con lei.
Soy taranta: Drigo in un riff western ci abitua ad una ritmica rotonda. Sono poi chitarre in levare a dare il ritmo a Pau. Salento e deserto d'Africa, West e Messico, infine la tromba di Roy Paci. Tutte immagini di terre che bruciano di sole, in un pezzo che parla di magia e che è nato mentre i Negrita erano seduti al tavolo di una masseria di Lecce.
Gioia infinita: intro languido e di nuovo i fiati, meno incisivi di prima, però: qui cullano. In generale è la morbidezza la sensazione che permea il pezzo, come una mano che accarezza l'acqua di un fiume. E' gioia infinita quella dei Negrita: alla base della loro amicizia c'è come un fuoco sacro che li unisce.
Il ballo decadente: fischietti! L'animo guascone di un paese che ritrova orgoglio e identità solo in una partita di pallone? Contraddizioni, incredibilia, miracoli di un'Italia in cui o la gente non si rende conto di ciò che succede o oramai è così assuefatta che le cose gli scivolano addosso. Lo spirito del pezzo è un po' Rino Gaetano e un po' il witz alla base delle satire latine di Giovenale e Persio. Sono le percussioni primitive di Itaiata a stimolare ad una necessità di risveglio e di consapevolezza.
Muoviti!: questo pezzo riprende il reggae roots e lo ska, è un invito alla danza, al movimento del corpo e, come tipico del genere musicale, delle coscienze in un riscatto sociale. Suggestivo il freestyle nel finale di Chico, MC degli Aretuska.
Che rumore fa la felicità: primo singolo dell'album e unico pezzo interamente in italiano. Insieme a Gioia infinita contribuisce a creare quell'ottimismo e quella sensazione di possibilità su cui vuole poggiare il messaggio dei Negrita.
Salvation: pezzo che introduce un finale di disco assolutamente esplosivo. Le ritmiche si fanno serratissime così come la critica ad un sistema che luccica fuori ma è vuoto dentro. Il messaggio di rivoluzione è sia in lingua inglese che in dialetto napoletano.
Ululallaluna: il ritratto di un personaggio da sobborgo sudamericano in uno scenario tra alcol e prostituzione. Il tutto in salsa rock impreziosita dai cori cantati a pieni polmoni da tutti i Negrita.
Notte mediterranea: la festa, la latinità, tutto il calore e la vorticosità rock'n'roll di una torbida notte mediterranea. Il vortice è sottolineato dalle sonorità un po' pulp e rappresenta in generale la vita che passa e va, mentre troppo spesso non ce ne si accorge. Il finale del pezzo è una vera perla in fatto di intensità.
Brother Joe: questo solare e ritmatissimo pezzo è omaggio e dichiarazione d'amore a Joe Strummer e alla sua musica. Di base è un rythm'n'blues; verso il finale un inserto rimanda più apertamente ai Clash. E, adeguato al contesto dello scenario musicale italiano, proprio al masterpiece del rock contaminato, Sandinista dei Clash, questo disco può far pensare. Joe Strummer disse: “Il futuro non è scritto”. Certo è vero per i Negrita, così bravi a districarsi tra mille influenze.