Questa maledetta risorsa: il petrolio.
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Questa maledetta risorsa: il petrolio.
Navigando in rete, ho trovato questo interessante articolo... sotto vi metto anche il commento di uno che ha scritto e che sinceramente condivido!
Il petrolio finirà presto. Finalmente.
«Il mondo finirà presto il petrolio estratto a buon mercato...» scrive il professor David Goodstein all'inizio del suo ultimo libro Il mondo in riserva, uscito quasi contemporaneamente in America e da noi (editore l'università Bocconi, 17 euro). Quanto presto? «Durante questo secolo. Ma la crisi vera comincerà in questo decennio».
Goodstein insegna fisica al California Institute of Technology. è simpatico, scrive bene e nel libro racconta di una sua tipica lezione sull'energia in cui fa oscillare nell'aula una palla da bowling appesa a una fune, facendo partire l'oscillazione dal suo naso e senza tirarsi indietro quando la palla gli ritorna addosso: il modo più semplice per mostrare che l'energia si perde lungo il tragitto perché la palla da bowling, al ritorno, si ferma sempre un po' più in là rispetto alla prima volta: cioè a pochi centimetri dalla faccia del professore.
Il libro, assai piacevole, racconta però cose molto poco simpatiche. Dice e dimostra soprattutto questo: che la crisi del petrolio, quella definitiva, è questione di pochi anni, anche se tra pochi anni non tutto il petrolio sarà ancora finito. Ricordiamo che previsioni così catastrofiche, in passato, sono già state fatte. Aurelio Peccei e il suo club di Roma attraversarono gli anni Settanta lanciando continui allarmi sulla fine del petrolio, allarmi a cui si prestava molta attenzione perché in quell'epoca una crisi del petrolio, di origine politica, c'era davvero. Poi vennero gli anni Ottanta, il petrolio non finì, anzi il suo prezzo al barile scese e di quel problema ci siamo tutti dimenticati. Lo stesso saggio di Goodstein, almeno da noi, è finora passato sotto silenzio. Però lo ha stampato la Bocconi e la Bocconi è un'istituzione molto seria. E Goodstein argomenta la sua tesi in modo assai convincente. Vale la pena di starlo a sentire.
Bisogna ammettere che il petrolio è una risorsa finita
Prima di tutto bisogna ammettere che il petrolio è una risorsa finita. Noi parliamo in genere di “produzione di petrolio” e si tratta di un modo di dire certamente scorretto. Nessuna azienda “produce” il petrolio, caso mai ci sono aziende che lo vanno a prendere là dove sta. Dunque non c'è dubbio che a un certo momento questi giacimenti risulteranno asciutti. E che quando risulteranno asciutti o la nostra civiltà si sarà già organizzata con fonti di energia alternativa, o dovrà correre ai ripari in tutta fretta e non si sa se avrà abbastanza tempo, oppure – diciamolo senza patemi – bisognerà che si rassegni a scomparire. Noi associamo il petrolio, in genere, alla benzina e alle automobili. In realtà, non si tratta solo di questo, perché il petrolio, in un modo o nell'altro, sta dietro al 90 per cento di tutti i prodotti derivati dalla chimica organica: la plastica, le medicine, i fertilizzanti per l'agricoltura, eccetera. Inoltre, il petrolio non finirà tutto insieme in un solo giorno. A un certo punto comincerà a essere sempre più scarso e quindi costerà di più. Questo solo fatto, producendo inflazione (e un'inflazione sempre crescente dato che la scarsità sarà nel tempo sempre maggiore), non potrà non provocare sconvolgimenti molto violenti sui mercati. E sconvolgimenti di questo tipo hanno sempre conseguenze rilevantissime sui popoli, che diventano più poveri. Conseguenze politiche, vogliamo dire. Si consideri solo questo dato: il 65,3 per cento di tutto il petrolio esistente sta in Medio Oriente. Tutto quello che accade in Medio Oriente, politicamente parlando, è in qualche modo connesso col petrolio. Che cosa accadrà, nella politica di tutto il mondo, quando il Medio Oriente non avrà più a disposizione – o avrà a disposizione sempre di meno – la sua risorsa fondamentale?
Per noi che siamo vivi adesso, la questione è se il problema ci riguardi. Non abbiamo ancora petrolio per un secolo o due? Non è una faccenda di cui, in definitiva, dovranno occuparsi i nostri nipoti? Goodstein dice di no, che la crisi è prossima e ci riguarda da vicino e argomenta il suo no riferendosi al “picco di Hubbert”, una funzione statistica sconosciuta al grande pubblico, ma con la quale, temo, avremo presto dimestichezza. Spieghiamo subito.
Marion King Hubbert era un geofisico della Shell e negli anni Cinquanta predisse che la quantità di petrolio che poteva essere estratta dai pozzi degli Stati Uniti avrebbe raggiunto il suo massimo (il “picco”) nel 1970, per poi calare rapidamente. Fu preso a ridere, ma nel 1970, effettivamente, gli Stati Uniti estrassero dai loro pozzi nove milioni di barili al giorno, una cifra mai raggiunta prima di allora, e dal 1971 in poi cominciarono invece a estrarre sempre meno petrolio. Oggi la produzione quotidiana è di sei milioni di barili e si sa già che l'anno prossimo, e negli anni successivi, la produzione sarà sempre più bassa. Dunque, relativamente all'America, la previsione di Hubbert è risultata esatta al cento per cento. Ma che dire del resto del mondo?
Lasciamo parlare Goodstein: «Di recente diversi geologi hanno applicato le tecniche di Hubbert ai dati sulla produzione di petrolio del mondo intero. Ognuno di loro ha usato dati differenti, ipotesi di partenza diverse, e anche i loro metodi hanno variato, ma le loro risposte sono state sorprendentemente simili. Molto presto, sostengono, si arriverà al “picco di Hubbert” per il mondo intero: con tutta probabilità in questo decennio. Vi sono geologi che non concordano con questa diagnosi, e i dati su cui si fonda sono oggetto di disputa, ma i seguaci di Hubbert sono riusciti almeno a stabilire un punto fermo: l'offerta mondiale di petrolio, così come quella di ogni risorsa mineraria, cresce da zero fino a un massimo, dopodiché è destinata a calare per sempre».
In poche parole: la crisi mondiale del petrolio arriverà quando avremo consumato la metà esatta di tutto il petrolio disponibile. A quel punto l'offerta comincerà a scendere e il prezzo a salire, e le due curve – una verso il basso, l'altra verso l'alto – non si fermeranno più fino a che l'offerta non sarà arrivata a zero (fine del petrolio, non ce ne sarà più una goccia) e dovremo trovarci l'energia da qualche altra parte.
È naturale, a questo punto, chiedersi quanto era il petrolio disponibile in partenza e quanto ne abbiamo consumato fino ad ora. C'è la risposta a tutt'e due le domande: i miliardi di barili che la natura ha messo a nostra disposizione erano all'inizio duemila. La quantità che non avevamo ancora consumato all'inizio del 2001 era di poco superiore ai mille miliardi. Il picco di Hubbert e la crisi sembrerebbero vicini.
Potrebbe esserci petrolio da qualche parte che non abbiamo ancora scoperto e che allontanerebbe un po' il momento critico? Sì, potrebbe esserci: il Mar della Cina è promettente (ma non eccezionale, secondo i geologi); in Siberia potrebbe esserci ancora qualcosa. Si deve tener conto però di questo: il più grande giacimento mai scoperto è quello di Ghawar Field in Arabia, dove nel 1948 fu trovata una disponibilità di 87 miliardi di barili. Se fossimo però così fortunati da scoprire nel Mar della Cina o in Arabia un giacimento di dimensioni analoghe, il picco di Hubbert si sposterebbe in avanti solo di un paio d'anni.
Che cosa succede se il Terzo Mondo diventa come noi
Bisogna anche considerare che noi ipotizziamo, in tutti questi calcoli, una domanda di petrolio identica all'attuale. Non è naturalmente così: la Cina sta crescendo a grande velocità e consuma sempre più materie prime e, tra queste, petrolio. Il Terzo Mondo vuole le stesse comodità dell'Occidente, spinge per avere energia e l'Occidente intende aiutarlo. Senonché l'uscita dalla povertà del Terzo Mondo passa soprattutto per la capacità di comprare e sfruttare il petrolio. Dunque, il nostro sforzo encomiabile di aiutare il Terzo Mondo passa per la nostra capacità di rinunciare via via ai vantaggi del greggio e per la ricerca di fonti d'energia alternative. Il bello (o il brutto) è che, se anche ci astenessimo dall'aiutare il Terzo Mondo e se lottassimo egoisticamente per mantenerlo nelle condizioni in cui si trova ora, non sfuggiremmo al nostro destino: gli statistici hanno scoperto una correlazione ferrea tra consumo d'energia e fertilità delle donne. E cioè, in ogni popolazione senza eccezioni più alto è il consumo d'energia più bassa è la fertilità femminile. Perciò: o tutti raggiungono il livello economico del Primo mondo, la popolazione non supera i 10 miliardi, ma il consumo di idrocarburi esplode. Oppure, il Terzo mondo resta tale, la popolazione mondiale raggiunge i cento miliardi e la quantità di energia consumata resta sempre la stessa.
Che cosa succederà negli anni successivi al raggiungimento del “picco di Hubbert”? Goodstein traccia due scenari:
«Il peggiore dei casi. Dopo il “picco di Hubbert”, falliscono tutti gli sforzi di produrre, distribuire e consumare combustibili alternativi abbastanza rapidamente da riuscire a colmare il divario tra domanda in aumento e offerta in diminuzione. Inflazione galoppante e recessione mondiale costringono miliardi di persone a bruciare carbone in grandi quantità per riscaldarsi, cucinare e mandare avanti l'industria leggera. La variazione dell'effetto serra che ne consegue cambia il clima della Terra precipitandolo in un nuovo stato ostile alla vita. Fine della storia. In questo esempio, il peggiore dei casi è veramente il peggio del peggio.
«Il migliore dei casi. Le turbolenze che seguono il raggiungimento del “picco di Hubbert” danno la sveglia al mondo intero. Un'economia basata sul metano riesce a fronteggiare nel breve periodo il divario tra domanda e offerta di petrolio, mentre si costruiscono nuove centrali nucleari e si diffondono le infrastrutture per lo sfruttamento di combustibili alternativi. Il mondo legge con ansia sulle prime pagine dei giornali le stime sui picchi di Hubbert per l'uranio e gli scisti».
In altri termini: «Questo è il secolo in cui dobbiamo imparare a vivere senza combustibili fossili. O saremo abbastanza saggi da farlo prima di esservi costretti, o dovremo farlo per forza quando gli idrocarburi cominceranno a scarseggiare. Un modo di raggiungere l'obiettivo sarebbe di tornare allo stile di vita del Settecento, prima che iniziassimo a sfruttare combustibili fossili a tutta birra. Ciò però comporterebbe, fra le altre cose, l'eliminazione di circa il 95 per cento della popolazione mondiale. L'altra possibilità è escogitare un modo per far andare avanti una civiltà complessa simile a quella che abbiamo oggi, ma che non faccia uso di combustibili fossili».
Pensiamoci, perché prima o poi accadrà.
Tratto da "La macchina del tempo, Ottobre 2004"
_________________________________
Non è così.
Il petrolio c'è e tanto. Quello che è un problema è dove si trova.
Sempre più basso e sempre più solido, quindi richiede perforazioni più costose e l'utilizzo di sistemi alternativi come l'estrazione con vapore... questo comporta l'aumento dei costi di estrazione, peggiora la qualità di quello disponibile e quindi aumentano i costi di raffinazione.
La soluzione era mandare a quel santo paese la decisione del 2040 e anticipare lo sviluppo di alternative concrete, idrogeno, termodinamico solare per l'impiego di potenza e centralizzato.
E soprattutto imporre alla società una riduzione dei consumi di almeno il 30% riportandoci agli standard del 1980. L'unica via è quella perchè la speculazione ci mangerà vivi. Non c'è rimedio senza che l'Europa sia costretta a far guerra a qualche paese con sotto il petrolio.
Queste sono conclusioni di summit di tecnici sull'energia.
Prendere o lasciare.
Torno a ripetere l'era moderna con internet hanno rovinato il mondo da questo punti di vista, hanno abbattutto barriere economiche che stanno distruggendo i paesi ricchi e la loro produttività alla ricerca imprenditoriale di produrre solo dove costa meno, quando in realtà se produci dove vendi spendi di più ma chi compra ha anche di più. E secondariamente ha fatto sì che tutti comprassimo 10 euro di oggetti dall'altra parte del mondo obbligando all'uso di petrolio per risparmiare 4 euro rispetto che comprarlo sotto casa... in media nell'era post-ebay e post-ecommerce le merci viaggiano un 70%, sì 70%, in più... sempre con il petrolio.
E questa è un interessante notizia:
Macchine ad idrogeno: una realtà più vicina in Islanda
L'Islanda punta sull'idrogeno. Dopo aver inaugurato quattro anni fa la prima stazione di rifornimento di idrogeno al mondo, utilizzata finora solo da autobus, in questi giorni ha aperto anche ai privati.
Questa inaugurazione rappresenta l'ultimo passo di un progetto che ha visto coinvolti la società islandese New Energy, una compagnia costituita da governo, università e privati, che conta di alimentare fino a 40 automobili entro la fine del 2009.
''Le prospettive future dell'idrogeno sono rosee - dichiara Jon Biorn Skulason, direttore generale della New Energy - e attualmente non esiste nessun altro carburante al mondo che possa sostituire, mantenendo le stesse prestazioni, il petrolio. L'Islanda, ricca di energia idroelettrica e geotermica, riesce a produrre idrogeno senza inquinare e, entro il 2050, sarà completamente indipendente dalle fonti fossili''.
Il progetto pilota, avviato nel 2003, forniva idrogeno solamente a tre autobus. Da ora sarà disponibile anche per autovetture, tra cui tre assegnate ad una compagnia di noleggio di Reykjavik. Un modo per i turisti di guidare, per la prima volta, un'auto a idrogeno.
A voi i commenti!!! :flower: :flower: :flower:
Il petrolio finirà presto. Finalmente.
«Il mondo finirà presto il petrolio estratto a buon mercato...» scrive il professor David Goodstein all'inizio del suo ultimo libro Il mondo in riserva, uscito quasi contemporaneamente in America e da noi (editore l'università Bocconi, 17 euro). Quanto presto? «Durante questo secolo. Ma la crisi vera comincerà in questo decennio».
Goodstein insegna fisica al California Institute of Technology. è simpatico, scrive bene e nel libro racconta di una sua tipica lezione sull'energia in cui fa oscillare nell'aula una palla da bowling appesa a una fune, facendo partire l'oscillazione dal suo naso e senza tirarsi indietro quando la palla gli ritorna addosso: il modo più semplice per mostrare che l'energia si perde lungo il tragitto perché la palla da bowling, al ritorno, si ferma sempre un po' più in là rispetto alla prima volta: cioè a pochi centimetri dalla faccia del professore.
Il libro, assai piacevole, racconta però cose molto poco simpatiche. Dice e dimostra soprattutto questo: che la crisi del petrolio, quella definitiva, è questione di pochi anni, anche se tra pochi anni non tutto il petrolio sarà ancora finito. Ricordiamo che previsioni così catastrofiche, in passato, sono già state fatte. Aurelio Peccei e il suo club di Roma attraversarono gli anni Settanta lanciando continui allarmi sulla fine del petrolio, allarmi a cui si prestava molta attenzione perché in quell'epoca una crisi del petrolio, di origine politica, c'era davvero. Poi vennero gli anni Ottanta, il petrolio non finì, anzi il suo prezzo al barile scese e di quel problema ci siamo tutti dimenticati. Lo stesso saggio di Goodstein, almeno da noi, è finora passato sotto silenzio. Però lo ha stampato la Bocconi e la Bocconi è un'istituzione molto seria. E Goodstein argomenta la sua tesi in modo assai convincente. Vale la pena di starlo a sentire.
Bisogna ammettere che il petrolio è una risorsa finita
Prima di tutto bisogna ammettere che il petrolio è una risorsa finita. Noi parliamo in genere di “produzione di petrolio” e si tratta di un modo di dire certamente scorretto. Nessuna azienda “produce” il petrolio, caso mai ci sono aziende che lo vanno a prendere là dove sta. Dunque non c'è dubbio che a un certo momento questi giacimenti risulteranno asciutti. E che quando risulteranno asciutti o la nostra civiltà si sarà già organizzata con fonti di energia alternativa, o dovrà correre ai ripari in tutta fretta e non si sa se avrà abbastanza tempo, oppure – diciamolo senza patemi – bisognerà che si rassegni a scomparire. Noi associamo il petrolio, in genere, alla benzina e alle automobili. In realtà, non si tratta solo di questo, perché il petrolio, in un modo o nell'altro, sta dietro al 90 per cento di tutti i prodotti derivati dalla chimica organica: la plastica, le medicine, i fertilizzanti per l'agricoltura, eccetera. Inoltre, il petrolio non finirà tutto insieme in un solo giorno. A un certo punto comincerà a essere sempre più scarso e quindi costerà di più. Questo solo fatto, producendo inflazione (e un'inflazione sempre crescente dato che la scarsità sarà nel tempo sempre maggiore), non potrà non provocare sconvolgimenti molto violenti sui mercati. E sconvolgimenti di questo tipo hanno sempre conseguenze rilevantissime sui popoli, che diventano più poveri. Conseguenze politiche, vogliamo dire. Si consideri solo questo dato: il 65,3 per cento di tutto il petrolio esistente sta in Medio Oriente. Tutto quello che accade in Medio Oriente, politicamente parlando, è in qualche modo connesso col petrolio. Che cosa accadrà, nella politica di tutto il mondo, quando il Medio Oriente non avrà più a disposizione – o avrà a disposizione sempre di meno – la sua risorsa fondamentale?
Per noi che siamo vivi adesso, la questione è se il problema ci riguardi. Non abbiamo ancora petrolio per un secolo o due? Non è una faccenda di cui, in definitiva, dovranno occuparsi i nostri nipoti? Goodstein dice di no, che la crisi è prossima e ci riguarda da vicino e argomenta il suo no riferendosi al “picco di Hubbert”, una funzione statistica sconosciuta al grande pubblico, ma con la quale, temo, avremo presto dimestichezza. Spieghiamo subito.
Marion King Hubbert era un geofisico della Shell e negli anni Cinquanta predisse che la quantità di petrolio che poteva essere estratta dai pozzi degli Stati Uniti avrebbe raggiunto il suo massimo (il “picco”) nel 1970, per poi calare rapidamente. Fu preso a ridere, ma nel 1970, effettivamente, gli Stati Uniti estrassero dai loro pozzi nove milioni di barili al giorno, una cifra mai raggiunta prima di allora, e dal 1971 in poi cominciarono invece a estrarre sempre meno petrolio. Oggi la produzione quotidiana è di sei milioni di barili e si sa già che l'anno prossimo, e negli anni successivi, la produzione sarà sempre più bassa. Dunque, relativamente all'America, la previsione di Hubbert è risultata esatta al cento per cento. Ma che dire del resto del mondo?
Lasciamo parlare Goodstein: «Di recente diversi geologi hanno applicato le tecniche di Hubbert ai dati sulla produzione di petrolio del mondo intero. Ognuno di loro ha usato dati differenti, ipotesi di partenza diverse, e anche i loro metodi hanno variato, ma le loro risposte sono state sorprendentemente simili. Molto presto, sostengono, si arriverà al “picco di Hubbert” per il mondo intero: con tutta probabilità in questo decennio. Vi sono geologi che non concordano con questa diagnosi, e i dati su cui si fonda sono oggetto di disputa, ma i seguaci di Hubbert sono riusciti almeno a stabilire un punto fermo: l'offerta mondiale di petrolio, così come quella di ogni risorsa mineraria, cresce da zero fino a un massimo, dopodiché è destinata a calare per sempre».
In poche parole: la crisi mondiale del petrolio arriverà quando avremo consumato la metà esatta di tutto il petrolio disponibile. A quel punto l'offerta comincerà a scendere e il prezzo a salire, e le due curve – una verso il basso, l'altra verso l'alto – non si fermeranno più fino a che l'offerta non sarà arrivata a zero (fine del petrolio, non ce ne sarà più una goccia) e dovremo trovarci l'energia da qualche altra parte.
È naturale, a questo punto, chiedersi quanto era il petrolio disponibile in partenza e quanto ne abbiamo consumato fino ad ora. C'è la risposta a tutt'e due le domande: i miliardi di barili che la natura ha messo a nostra disposizione erano all'inizio duemila. La quantità che non avevamo ancora consumato all'inizio del 2001 era di poco superiore ai mille miliardi. Il picco di Hubbert e la crisi sembrerebbero vicini.
Potrebbe esserci petrolio da qualche parte che non abbiamo ancora scoperto e che allontanerebbe un po' il momento critico? Sì, potrebbe esserci: il Mar della Cina è promettente (ma non eccezionale, secondo i geologi); in Siberia potrebbe esserci ancora qualcosa. Si deve tener conto però di questo: il più grande giacimento mai scoperto è quello di Ghawar Field in Arabia, dove nel 1948 fu trovata una disponibilità di 87 miliardi di barili. Se fossimo però così fortunati da scoprire nel Mar della Cina o in Arabia un giacimento di dimensioni analoghe, il picco di Hubbert si sposterebbe in avanti solo di un paio d'anni.
Che cosa succede se il Terzo Mondo diventa come noi
Bisogna anche considerare che noi ipotizziamo, in tutti questi calcoli, una domanda di petrolio identica all'attuale. Non è naturalmente così: la Cina sta crescendo a grande velocità e consuma sempre più materie prime e, tra queste, petrolio. Il Terzo Mondo vuole le stesse comodità dell'Occidente, spinge per avere energia e l'Occidente intende aiutarlo. Senonché l'uscita dalla povertà del Terzo Mondo passa soprattutto per la capacità di comprare e sfruttare il petrolio. Dunque, il nostro sforzo encomiabile di aiutare il Terzo Mondo passa per la nostra capacità di rinunciare via via ai vantaggi del greggio e per la ricerca di fonti d'energia alternative. Il bello (o il brutto) è che, se anche ci astenessimo dall'aiutare il Terzo Mondo e se lottassimo egoisticamente per mantenerlo nelle condizioni in cui si trova ora, non sfuggiremmo al nostro destino: gli statistici hanno scoperto una correlazione ferrea tra consumo d'energia e fertilità delle donne. E cioè, in ogni popolazione senza eccezioni più alto è il consumo d'energia più bassa è la fertilità femminile. Perciò: o tutti raggiungono il livello economico del Primo mondo, la popolazione non supera i 10 miliardi, ma il consumo di idrocarburi esplode. Oppure, il Terzo mondo resta tale, la popolazione mondiale raggiunge i cento miliardi e la quantità di energia consumata resta sempre la stessa.
Che cosa succederà negli anni successivi al raggiungimento del “picco di Hubbert”? Goodstein traccia due scenari:
«Il peggiore dei casi. Dopo il “picco di Hubbert”, falliscono tutti gli sforzi di produrre, distribuire e consumare combustibili alternativi abbastanza rapidamente da riuscire a colmare il divario tra domanda in aumento e offerta in diminuzione. Inflazione galoppante e recessione mondiale costringono miliardi di persone a bruciare carbone in grandi quantità per riscaldarsi, cucinare e mandare avanti l'industria leggera. La variazione dell'effetto serra che ne consegue cambia il clima della Terra precipitandolo in un nuovo stato ostile alla vita. Fine della storia. In questo esempio, il peggiore dei casi è veramente il peggio del peggio.
«Il migliore dei casi. Le turbolenze che seguono il raggiungimento del “picco di Hubbert” danno la sveglia al mondo intero. Un'economia basata sul metano riesce a fronteggiare nel breve periodo il divario tra domanda e offerta di petrolio, mentre si costruiscono nuove centrali nucleari e si diffondono le infrastrutture per lo sfruttamento di combustibili alternativi. Il mondo legge con ansia sulle prime pagine dei giornali le stime sui picchi di Hubbert per l'uranio e gli scisti».
In altri termini: «Questo è il secolo in cui dobbiamo imparare a vivere senza combustibili fossili. O saremo abbastanza saggi da farlo prima di esservi costretti, o dovremo farlo per forza quando gli idrocarburi cominceranno a scarseggiare. Un modo di raggiungere l'obiettivo sarebbe di tornare allo stile di vita del Settecento, prima che iniziassimo a sfruttare combustibili fossili a tutta birra. Ciò però comporterebbe, fra le altre cose, l'eliminazione di circa il 95 per cento della popolazione mondiale. L'altra possibilità è escogitare un modo per far andare avanti una civiltà complessa simile a quella che abbiamo oggi, ma che non faccia uso di combustibili fossili».
Pensiamoci, perché prima o poi accadrà.
Tratto da "La macchina del tempo, Ottobre 2004"
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Non è così.
Il petrolio c'è e tanto. Quello che è un problema è dove si trova.
Sempre più basso e sempre più solido, quindi richiede perforazioni più costose e l'utilizzo di sistemi alternativi come l'estrazione con vapore... questo comporta l'aumento dei costi di estrazione, peggiora la qualità di quello disponibile e quindi aumentano i costi di raffinazione.
La soluzione era mandare a quel santo paese la decisione del 2040 e anticipare lo sviluppo di alternative concrete, idrogeno, termodinamico solare per l'impiego di potenza e centralizzato.
E soprattutto imporre alla società una riduzione dei consumi di almeno il 30% riportandoci agli standard del 1980. L'unica via è quella perchè la speculazione ci mangerà vivi. Non c'è rimedio senza che l'Europa sia costretta a far guerra a qualche paese con sotto il petrolio.
Queste sono conclusioni di summit di tecnici sull'energia.
Prendere o lasciare.
Torno a ripetere l'era moderna con internet hanno rovinato il mondo da questo punti di vista, hanno abbattutto barriere economiche che stanno distruggendo i paesi ricchi e la loro produttività alla ricerca imprenditoriale di produrre solo dove costa meno, quando in realtà se produci dove vendi spendi di più ma chi compra ha anche di più. E secondariamente ha fatto sì che tutti comprassimo 10 euro di oggetti dall'altra parte del mondo obbligando all'uso di petrolio per risparmiare 4 euro rispetto che comprarlo sotto casa... in media nell'era post-ebay e post-ecommerce le merci viaggiano un 70%, sì 70%, in più... sempre con il petrolio.
E questa è un interessante notizia:
Macchine ad idrogeno: una realtà più vicina in Islanda
L'Islanda punta sull'idrogeno. Dopo aver inaugurato quattro anni fa la prima stazione di rifornimento di idrogeno al mondo, utilizzata finora solo da autobus, in questi giorni ha aperto anche ai privati.
Questa inaugurazione rappresenta l'ultimo passo di un progetto che ha visto coinvolti la società islandese New Energy, una compagnia costituita da governo, università e privati, che conta di alimentare fino a 40 automobili entro la fine del 2009.
''Le prospettive future dell'idrogeno sono rosee - dichiara Jon Biorn Skulason, direttore generale della New Energy - e attualmente non esiste nessun altro carburante al mondo che possa sostituire, mantenendo le stesse prestazioni, il petrolio. L'Islanda, ricca di energia idroelettrica e geotermica, riesce a produrre idrogeno senza inquinare e, entro il 2050, sarà completamente indipendente dalle fonti fossili''.
Il progetto pilota, avviato nel 2003, forniva idrogeno solamente a tre autobus. Da ora sarà disponibile anche per autovetture, tra cui tre assegnate ad una compagnia di noleggio di Reykjavik. Un modo per i turisti di guidare, per la prima volta, un'auto a idrogeno.
A voi i commenti!!! :flower: :flower: :flower:

Fino ai 4500 divertiti a fare puzza ...dopo scansati e senti il profumo del benza

Passare per idiota agli occhi di un imbecille, è una voluttà da raffinati buongustai!
Le moto sono come le donne... il risultato finale dipende solo da chi ci sta sopra!!!

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Troppo lungo :-P
Però ho letto velocemente, e conclusioni simili (sul petrolio sempre più costoso da estrarre) le avevo già lette su altri libri e le condivido, come condivido l'aumento dei consumi dei paesi emergenti.
Però c'è un problema: l'idrogeno non è una fonte di enegia, ma un vettore d'energia. Per produrlo serve energia, e dove la prendiamo? Solo col solare/eolico e via dicendo difficilmente si riuscirebbe a soddisfare la domanda ( ma non è detto non ci si riesca). Resta la strada del nucleare ( che a me non piace molto non per la presunta pericolosità delle centrali, ma per le scorie), oppure, come dice l'articolo, resta la strada della diminuzione dei consumi, secondo me auspicabile. Ma siamo disposti a subirla?
Però ho letto velocemente, e conclusioni simili (sul petrolio sempre più costoso da estrarre) le avevo già lette su altri libri e le condivido, come condivido l'aumento dei consumi dei paesi emergenti.
Però c'è un problema: l'idrogeno non è una fonte di enegia, ma un vettore d'energia. Per produrlo serve energia, e dove la prendiamo? Solo col solare/eolico e via dicendo difficilmente si riuscirebbe a soddisfare la domanda ( ma non è detto non ci si riesca). Resta la strada del nucleare ( che a me non piace molto non per la presunta pericolosità delle centrali, ma per le scorie), oppure, come dice l'articolo, resta la strada della diminuzione dei consumi, secondo me auspicabile. Ma siamo disposti a subirla?
Zeru tituli
La questione non è se siamo disposti . .
Noi dovremo subire la diminuzione dei consumi!!
Lo stiamo facendo già inconsciamente, i consumi di combustibile calano, non si comperano auto nuove, si comperano meno vestiti
(almeno lo fanno quelli che si rendono conto che non si può tirare più di tanto)
L'ultimo giotto ha dimostrato che ai politici non frega niente . . .
Ale
Noi dovremo subire la diminuzione dei consumi!!
Lo stiamo facendo già inconsciamente, i consumi di combustibile calano, non si comperano auto nuove, si comperano meno vestiti
(almeno lo fanno quelli che si rendono conto che non si può tirare più di tanto)
L'ultimo giotto ha dimostrato che ai politici non frega niente . . .
Ale
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La mia passione per il MotoGp è superata
solo dalla mia pigrizia nel programmare il
videoregistratore . . .
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La mia passione per il MotoGp è superata
solo dalla mia pigrizia nel programmare il
videoregistratore . . .
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lo dico da tempo: credo che una diminuzione della richiesta di energia nell'ordine del 30% sia ipotizzabile.
ma siamo sempre lì: a nessuno frega nulla, salvo poi lamentarsi che l'energia costa troppo.
esempio di mia madre: per vedere la tv in sala tiene accesa una lampada alogena da 600 w, il climatizzatore a -15, il computer in un altra stanza e la televisione in cucina...
e così fanno molti...
ma siamo sempre lì: a nessuno frega nulla, salvo poi lamentarsi che l'energia costa troppo.
esempio di mia madre: per vedere la tv in sala tiene accesa una lampada alogena da 600 w, il climatizzatore a -15, il computer in un altra stanza e la televisione in cucina...
e così fanno molti...
Del maiale non si butta via nulla...
Della maiala si tiene solo il numero del cellulare!
Della maiala si tiene solo il numero del cellulare!
Dunque, l'articolo é terribilmente interessante.
"Terribilmente" perché l'argomento é tragico, visto che dipendiamo per un vero e proprio mare di cose, dall'strazione petrolifera.
I trasporti sono ovviamente solo una porzione; é da vari decenni che si é detto "bruciare petrolio per mandare avanti i veicoli é uno spreco assurdo, analogo al bruciare i volumi di un'enciclopedia per scaldarsi col caminetto"
Ora, mi chiedo: l'elettrolisi é stata studiata dal signor Faraday nel 1832.
Possibile che dal 1832 ad oggi non si é potuto mettere a punto un sistema un tantinello più efficiente ? Pigliamo 'sto cacchio di idrogeno, lo ficchiamo nelle bombole, via sotto al culo della macchina con le bombole di ossigeno (prodotto sempre con l'elettròlisi) e via andare, no ? :flower:
Tutti a strappàsse li capelli "e noooo! l'idrogeno é pericolosissimooooo!!!" Evvabbé, perché la benzina no ?
Sapete, vero, che a fine '800 nelle case si usava il GAS per lì'ILLUMINAZIONE, e quando si iniziò a portare l'energia elettrica (grazie alla produzione delle lampadine, che prima non c'erano... ) la gente strillava "nooo, la corrente é pericolosa, ma che siamo matti a metterla in casa..." e ci vollero anni e anni per convincere la gente che l'energia elettrica era MENO PERICOLOSA dei lumi a gas...
... continua... :faroah:
"Terribilmente" perché l'argomento é tragico, visto che dipendiamo per un vero e proprio mare di cose, dall'strazione petrolifera.
I trasporti sono ovviamente solo una porzione; é da vari decenni che si é detto "bruciare petrolio per mandare avanti i veicoli é uno spreco assurdo, analogo al bruciare i volumi di un'enciclopedia per scaldarsi col caminetto"
Ora, mi chiedo: l'elettrolisi é stata studiata dal signor Faraday nel 1832.
Possibile che dal 1832 ad oggi non si é potuto mettere a punto un sistema un tantinello più efficiente ? Pigliamo 'sto cacchio di idrogeno, lo ficchiamo nelle bombole, via sotto al culo della macchina con le bombole di ossigeno (prodotto sempre con l'elettròlisi) e via andare, no ? :flower:
Tutti a strappàsse li capelli "e noooo! l'idrogeno é pericolosissimooooo!!!" Evvabbé, perché la benzina no ?
Sapete, vero, che a fine '800 nelle case si usava il GAS per lì'ILLUMINAZIONE, e quando si iniziò a portare l'energia elettrica (grazie alla produzione delle lampadine, che prima non c'erano... ) la gente strillava "nooo, la corrente é pericolosa, ma che siamo matti a metterla in casa..." e ci vollero anni e anni per convincere la gente che l'energia elettrica era MENO PERICOLOSA dei lumi a gas...
... continua... :faroah:
A scuola andavo sempre benissimo.
Era al ritorno che spesso mi perdevo.
Andrea
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Andrea
Vi ricordate che avevamo parlato dei Cicli di Kondratiev, tempo fa ?
Volete un "rinfresco" di memoria ?
Qui potete trovare un pò di documentazione.
http://it.wikipedia.org/wiki/Onde_di_Kondratiev
Sò dolori pé tutti! :cyclopsani:
Volete un "rinfresco" di memoria ?
Qui potete trovare un pò di documentazione.
http://it.wikipedia.org/wiki/Onde_di_Kondratiev
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Andrea
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Ognuno di noi deve cercare di contenere i consumi, cominciando dalle piccole cose. Purtroppo é molto difficile riuscire a vincere la pigrizia, l'inerzia, le abitudini spendaccione che il grande benessere ci ha portato.
"preoccupatevi delle piccole cose, e lasciate che quelle grandi si aggiustino da sole" :flower:
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Andrea
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Tornando all'argomento "petrolio": affermare che "ce n'é tanto", é un atteggiamento un pò troppo qualunquistico.
Considerando che le stime di estrazione indicano la quantità di petrolio finora estratto in circa 100 miliardi di barili, e visto il "trend" dei consumi (motorizzazione in massa in India, e in Cina) é lecito supporre che le richieste quadruplicheranno almeno, da quanto é successo negli ultimi 30 anni a quanto succederà nei prossimi 20.
Cié dire: dalle prime estrazioni petrolifere (fine '800) ad oggi, abbiamo consumato tanto petrolio quanto ne servirà nei prossimi 20 o 30 anni, se siamo fortunati.
Dove lo andiamo a prendere, tutto 'sto petrolio ?
Forse, e dico forse, sotto i fondali oceanici se ne può trovare ancora un pò.
Considerando i costi di trivellazione e di estrazione, sarà prezioso almeno quanto i metalli rari.
Sarebbe come dire "mando avanti l'auto ad alcol, rifornendola con bottiglie di Kruger millesimato" :cyclopsani:
Chi scrive, che cos'é, un geologo addetto alle prospezioni minerarie ? Dove ha trovato nuovi giacimenti di alcune decine di miliardi di barili ?Non è così.
Il petrolio c'è e tanto. Quello che è un problema è dove si trova.
Sempre più basso e sempre più solido, quindi richiede perforazioni più costose e l'utilizzo di sistemi alternativi come l'estrazione con vapore... questo comporta l'aumento dei costi di estrazione, peggiora la qualità di quello disponibile e quindi aumentano i costi di raffinazione.
...
Considerando che le stime di estrazione indicano la quantità di petrolio finora estratto in circa 100 miliardi di barili, e visto il "trend" dei consumi (motorizzazione in massa in India, e in Cina) é lecito supporre che le richieste quadruplicheranno almeno, da quanto é successo negli ultimi 30 anni a quanto succederà nei prossimi 20.
Cié dire: dalle prime estrazioni petrolifere (fine '800) ad oggi, abbiamo consumato tanto petrolio quanto ne servirà nei prossimi 20 o 30 anni, se siamo fortunati.
Dove lo andiamo a prendere, tutto 'sto petrolio ?
Forse, e dico forse, sotto i fondali oceanici se ne può trovare ancora un pò.
Considerando i costi di trivellazione e di estrazione, sarà prezioso almeno quanto i metalli rari.
Sarebbe come dire "mando avanti l'auto ad alcol, rifornendola con bottiglie di Kruger millesimato" :cyclopsani:
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Aggiungo alla tua giusta considerazione, Andrea, un'altra letta da un geologo: il Canada, ad esempio, galleggia su una distesa di sabbia imbevuta di petrolio; quindi, in teoria, ce ne sarebbe d'avanzo per i prossimi secoli. Il problema, in realtà, è che non solo "l'estrazione" di tale petrolio è assai costosa dal punto di vista energetico (non ci sarebbe abbastanza energia per procedere ad un'estrazione massiccia), ma è pure molto lenta. In pratica, secondo questo geologo, un'estrazione massiccia permetterebbe di "estrarre" 2 milioni di barili al giorno. Siccome il consumo mondiale giornaliero è di circa 90 milioni di barili al giorno, va da sé che il petrolio del Canada al massimo può tamponare il 3-4% del consumo mondiale giornaliero.
Zeru tituli
Interessante e parimenti inquietante.... a furia di ciucciare via petrolio, finisce che il canada sprofonda sott'acqua.... :faroah:cometa rossa ha scritto:Aggiungo alla tua giusta considerazione, Andrea, un'altra letta da un geologo: il Canada, ad esempio, galleggia su una distesa di sabbia imbevuta di petrolio; quindi, in teoria, ce ne sarebbe d'avanzo per i prossimi secoli. Il problema, in realtà, è che non solo "l'estrazione" di tale petrolio è assai costosa dal punto di vista energetico (non ci sarebbe abbastanza energia per procedere ad un'estrazione massiccia), ma è pure molto lenta. In pratica, secondo questo geologo, un'estrazione massiccia permetterebbe di "estrarre" 2 milioni di barili al giorno. Siccome il consumo mondiale giornaliero è di circa 90 milioni di barili al giorno, va da sé che il petrolio del Canada al massimo può tamponare il 3-4% del consumo mondiale giornaliero.
A scuola andavo sempre benissimo.
Era al ritorno che spesso mi perdevo.
Andrea
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bè, molte zone sono ancora ricche di petrolio, soprattutto nelle varie qualcosa-stan ex urss o-da-quelle-parti. Il problema risiede nel terreno roccioso che ne determinerebbe dei costi altissimi di estrazione.
no, non resteremo a secco di petrolio, ancora per un po'. Certo che arriverà a costare cifre paurose.
no, non resteremo a secco di petrolio, ancora per un po'. Certo che arriverà a costare cifre paurose.
.... che sarà come non averlo...Paolo66 ha scritto:bè, molte zone sono ancora ricche di petrolio, soprattutto nelle varie qualcosa-stan ex urss o-da-quelle-parti. Il problema risiede nel terreno roccioso che ne determinerebbe dei costi altissimi di estrazione.
no, non resteremo a secco di petrolio, ancora per un po'. Certo che arriverà a costare cifre paurose.
Lo useresti per andare in auto, oggi, se costasse diciamo 50 euro al litro ? :cyclopsani:
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